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Il vintage è una malattia?

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Qualche giorno fa m'è capitato dopo anni di entrare in un Mediaworld e ovviamente ho visitato la sezione audio. C'erano sicuramente begli apparecchi, grossi, pesanti, luccicanti, anche convenienti, ma non mi hanno granché colpito, mi sono fermato pochi minuti. Alcune ore più tardi sono passato davanti a una vetrina in cui venivano esposti due grossi giradischi Michell, con 30 e magari 40 anni sul groppone e questi invece sono rimasto ad ammirarli a lungo: peccato fosse ora di cena e dunque chiuso sennò sarei entrato ad attaccar bottone al proprietario. Per inciso anche a mia sorella, zero interesse per l'audio, i due girapadelloni sono piaciuti.

Perché dunque compriamo il vintage? Ognuno di noi avrà le sue motivazioni: perché è sexy, perché ci ricorda gli anni della gioventù, perché suona meglio, perché "conviene", perché ci fa incazzare/divertire, per una forma di investimento economico. Certo il vintage procura emozioni, ha il fascino dell'oggetto vissuto, sfruttato, spesso amato. Cosa che l'apparecchio nuovo spesso non fa. Io sono sicuro che se dovessi comprare adesso un ampli, un giradischi, una coppia di casse, una cuffia, anche un cd player, compatibili con gli attuali supporti di ascolto, senza alcun dubbio tornerei sempre al vintage, all'usato, alle cose di tanti anni fa.

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